LA TV DIGITALE – IL DVB-T2 SECONDA PARTE

A pochi mesi dal passaggio al DVB-T2, pubblichiamo la seconda puntata di un approfondito articolo, suddiviso in cinque capitoli, dedicato alle tecnologie digitali, al DVB e in particolare al DVB-T2, tra storia, aneddoti e approfondimenti sui principali aspetti tecnici che hanno portato allo sviluppo di questo standard. Sul prossimo numero la terza parte dell’articolo.

Fulvio Cornetta – SECONDA PARTE

CONFRONTO TRA SEGNALE ANALOGICO E DIGITALE NELLE TRASMISSIONI TELEVISIVE

Certamente è stato detto molto sulle differenze tra il segnale analogico e quello digitale, ma è bene ribadire queste disuguaglianze, soprattutto considerando i vantaggi offerti dalle tecnologie digitali rispetto a quelle analogiche.

In particolare è importante ricordare che la televisione analogica utilizzava, per la trasmissione del video, e in particolare per il segnale di luminanza, una portante modulata in ampiezza negativa. Questo significa che si faceva corrispondere la minima ampiezza del segnale modulato (inviluppo) alla massima ampiezza del segnale modulante, che corrispondeva al livello del bianco. Viceversa i livelli più bassi corrispondevano al nero e ai contenuti più scuri, fino a toccare il valore minore in assoluto assegnato al sincronismo orizzontale e verticale, che produceva il massimo livello di potenza, in radiofrequenza, in uscita dal trasmettitore.

La modulazione AM negativa era senz’altro un punto di forza del sistema così congegnato, e aveva la rilevante proprietà di facilitare la discriminazione dei sincronismi anche in caso di ricezione scarsa e rumorosa, mantenendo agganciato il quadro entro certi limiti.

Ma la televisione analogica in alta definizione non sarebbe stata possibile fondamentalmente per problemi di banda occupata per singola emissione.

Una trasmissione HD analogica avrebbe occupato quasi 40 MHz di banda, corrispondenti a 5 canali televisivi.

Infatti già per ogni singolo contenuto video trasmesso, a definizione standard, era necessario utilizzare un intero canale della banda, sia UHF che VHF, il che consentiva la trasmissione in un bacino di utenza locale 49 canali UHF (21-69), sette canali in VHF banda III (D-H2) e tre canali in VHF banda I (A-C). Un totale di 59 canali televisivi, sfruttando tutto lo spazio nelle tre bande disponibili.

Con il digitale terrestre di tipo DVB-T la capacità trasmissiva, con qualità paragonabile a quella analogica in condizione di ricezione perfetta, si attesta mediamente a quattro programmi video diversi per ogni canale televisivo disponibile, che, considerando proprio 4 quattro contenuti diversi, consente di arrivare all’incredibile offerta di duecentotrentasei diversi programmi con audio stereo, multicanale e multilingua più un notevole numero di programmi radiofonici e teletext. Il DVB-T2 è in grado addirittura di raddoppiare l’offerta.

Essendo basato su valori discreti con soglie di commutazione distanti tra loro, il segnale digitale possiede anche il vantaggio di annullare l’incertezza delle informazioni ricevute. Inoltre, con circuiti che possiedono soglie di commutazione definite, è possibile ricostruire fedelmente il segnale che sarà così perfettamente identico a quello originale generato in partenza.

Il segnale digitale, affetto da rumore, può essere ricostruito, come l’originale, a patto che non raggiunga mai il livello di rumore critico, per insufficiente ampiezza, e/o che non sia affetto da una distorsione irrecuperabile

In un’ipotetica rete di trasmissione nazionale per la copertura di lontani bacini d’utenza, basata quindi su ripetitori, qualsiasi sia la struttura della rete il segnale ripetuto e ricostruito sarà identico all’originale generato in partenza. Anche nel caso che venga operata una semplice traslazione di canale, con un ripetitore convertitore, magari in una zona marginale, senza la decodifica e ricodifica del flusso numerico, in uno schema AF-IF-AF, in condizioni di buona ricezione il segnale sarebbe affetto solo da un incremento del rumore introdotto dall’apparato di conversione che tuttavia non pregiudicherebbe, nell’area di servizio, la qualità delle immagini e del suono, per le caratteristiche intrinseche del segnale numerico.

Questa importantissima peculiarità consente ai contenuti video audio digitali di essere ricevuti perfettamente, senza degrado, fino al raggiungimento di un limite abbastanza lontano oltre il quale il servizio peggiora in modo molto rapido fino ad arrestarsi praticamente di colpo.

Il segnale analogico, invece, si deteriora progressivamente e arriva a essere molto disturbato quando ancora il segnale digitale potrà essere, con le medesime condizioni del canale, perfettamente ricevibile. Diversamente, perfino quando il segnale digitale sarà indecifrabile, il segnale analogico continuerà essere ricevuto e lo spettatore, seppure con qualche difficoltà, riuscirà a seguire il contenuto trasmesso, anche se il segnale sarà “immerso” nel rumore gaussiano senza la possibilità di restituire la qualità originale.

SOLUZIONI E TECNOLOGIE UTILIZZATE: LA DIFFERENZA TRA CODIFICA DI SORGENTE E CODIFICA DI CANALE

Prima di arrivare a comprendere le differenze e le implicazioni molto positive che si hanno utilizzando lo standard più avanzato DVB-T2, è necessario fare riferimento ai principi di funzionamento che sono alla base del DVB-T, dal quale il DVB-T2 si è evoluto, in modo da avere un quadro più chiaro di questi sistemi televisivi digitali.

In generale una trasmissione DVB-T2, come nella precedente tecnologia DVB-T, escludendo gli apparati che generano ed elaborano i segnali audio-video e che riguardano propriamente la produzione TV, semplificando molto, richiede la presenza di due dispositivi distinti in trasmissione e di uno in ricezione: l’encoder MPEG, che opera la codifica di sorgente; il modulatore DVB-T2, che si occupa della codifica di canale per la trasmissione attraverso onde elettromagnetiche. L’apparecchio televisivo, munito di apposito decoder DVB-T2, è il terzo apparato del sistema in ricezione.

Ricordiamo che la più recente tecnologia DVB-T2 è retro-compatibile con la precedente tecnologia DVB-T, ma non viceversa. I precedenti decoder e televisori DVB-T, non sono in grado di ricevere il nuovo standard e quindi dovranno essere sostituiti.

Già dal 1º gennaio 2017, le società che vendono apparecchi per la ricezione dei servizi radiotelevisivi sul territorio italiano sono obbligate a integrare un sintonizzatore digitale per ricevere i programmi in tecnologia DVB-T2 con codifica che può arrivare fino alla recente HEVC. Tali nuovi dispositivi non solo consentono la ricezione di programmi HD con una migliorata efficienza, già raggiunta con H264/AVC, ma arrivano a supportare anche il nuovo codec H265/HEVC, concepito per essere efficiente anche per risoluzioni video, UHD-1 4K e UHD-2 8K (Ultra High Definition).

Dal 1º luglio 2022 saranno permesse solo le trasmissioni DVB-T2; sarà quella una data significativa che metterà definitivamente fuori servizio tutti i televisori e decoder dotati della sola tecnologia DVB-T e muniti di decodifica MPEG2.

E’ prevedibile che quest’anno (2020) l’offerta DVB-T2 aumenterà sensibilmente, segnando un graduale passaggio al più evoluto sistema di trasmissione.

L’obbligo di passare al nuovo standard si rende necessario anche per migliorare l’efficienza spettrale, visto che ulteriore banda UHF sarà assegnata agli operatori di telefonia radiomobile come già ricordato in precedenza.

Da ogni impianto trasmittente, conosciuto all’utente con il generico nominativo “Multiplex”, sono irradiati più contenuti radio-televisivi, un’espressione questa obbligatoria, che va a sostituire la precedente definizione di “canale televisivo”.

Precedentemente si utilizzava l’espressione canale TV, quando la televisione era analogica, perché il contenuto trasmesso era un solo flusso televisivo per ogni canale della banda.

La coincidenza dell’unità canale, con l’unica modalità possibile di trasmissione, che prevedeva una sola rete televisiva trasmissibile, aveva portato all’espressione generica nel linguaggio corrente di “canale TV”, anche se in realtà il canale televisivo era più propriamente una definizione fisica della radio-elettronica e delle telecomunicazioni, che identificava una larghezza di banda compresa tra due frequenze.

Nel mondo digitale ogni Multiplex occupa un canale, ma a differenza della televisione analogica, sono veicolate più reti televisive e radiofoniche, grazie alla possibilità offerta dalla tecnologia utilizzata che interviene comprimendo i contenuti con tecniche che abbassano la ridondanza spaziale (confronto tra pixel adiacenti nel quadro per identificare pixel simili e/o uguali da scartare o interpolare e scomposizione dell’immagine a blocchi) e temporale (correlazione tra quadri e semiquadri nel tempo e codifica entropica) del segnale. Nella fase successiva, i dati multimediali ridotti precedentemente sono modulati e ridistribuiti su un notevole numero di portanti, abbassando in questo modo la velocità della modulazione stessa, spaziate uniformemente sullo spettro di frequenze del canale secondo uno schema che protegge l’affidabilità del trasporto.

Il modulatore COFDM sfrutta pertanto appieno il bit-rate ad alta efficienza spettrale, messo a disposizione dal sistema di modulazione.

La possibilità di trasmettere più reti televisive e radiofoniche nello spazio di un solo canale è data proprio da un blocco fondamentale del sistema, che raccoglie diversi flussi digitali appartenenti a diversi contenuti e li invia successivamente al processo di modulazione.

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