Non avevo ancora compiuto i 17 anni, quando decisi di partire alla volta di Firenze, per frequentare il corso di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ma, allo stesso tempo, non volevo rinunciare a una delle mie passioni, come quella della produzione dei contenuti audiovisivi, iniziata qualche anno prima, con la liberalizzazione dell’etere e quindi l’avvio di molte iniziative private, nel settore della radio e televisione locale.
Così, dopo un breve periodo di collaborazione con Canale 48 (importante e storica emittente toscana di proprietà del Gruppo Montagni, che sarebbe stata poi acquisita dalla Fininvest), approdai allo Studio Diapason di Daniele Belgrado. Si trattava di una delle strutture più importanti, in quegli anni, in Toscana.
Le lavorazioni effettuate erano diverse, tra cui gli speakeraggi per spot pubblicitari e documentari, in stretta collaborazione con la Diaframma di Daniele Abolaffio, con la quale la Diapason condivideva la struttura. Queste lavorazioni erano basate sulla pellicola, che offriva una qualità più elevata, rispetto alle telecamere e ai supporti magnetici, ancora in standard SD. Ma, ovviamente, alla fine, per poter essere trasmessi in televisione, queste produzioni dovevano essere riversate su nastro magnetico Betacam o UMatic. Fu questa l’occasione in cui io sentii parlare per la prima volta di un personaggio che era visto dai team delle due strutture come una sorta di Cavaliere Bianco. Si trattava di Giovanni Bertini, imprenditore attivo nella produzione di borse in paglia, che aveva deciso di investire cospicue cifre in tecnologie dedicate alla produzione audiovisiva.
Grazie agli avanzati telecinema della Telerecord, l’audio realizzato dalla Diapason e le riprese prodotte dalla Diaframma potevano “congiungersi” sul media magnetico per essere poi trasmessi in televisione. E tra i miei compiti, vi era, oltre che di registrare e montare musiche e voci, anche quello di fare il missaggio audio e trasferirlo poi sul perforato magnetico da consegnare alla Telerecord. Certo, allora non avrei mai immaginato che, da lì a qualche anno, avrei cominciato a scrivere sulle pagine di Media Production prima, di Millecanali e di Digital Production poi, di Giovanni Bertini e della sua Telerecord, conseguendo il primato assoluto per numero di articoli realizzati sulla sua storia e sulla sua struttura. Ma tutto questo lavoro mi ha consentito di essere anche testimone di alcune delle più importanti tappe della storia della sua azienda, che nel frattempo era cresciuta, fino a diventare uno dei punti di riferimento della produzione televisiva in Italia e non solo. Parlo del primo OB Van digitale, il primo mezzo in 16:9 e, poi, anche il primo in alta definizione, per concludere con l’ultima regia mobile, in 4K e, per i quali, ricordo sempre gli occhi di Giovanni, sempre emozionati, quando mi doveva illustrare le caratteristiche della sua ultima creatura. Una serie di appuntamenti che mi hanno permesso di conoscere più da vicino quello che poi è diventato, nel corso degli anni, anche un amico e del quale ho potuto apprezzare, oltre che le sue doti imprenditoriali e le sue capacità di visione del futuro, anche le notevoli doti umane che ne fanno, secondo me, (onore al merito) uno dei “grandi signori” del mondo della produzione televisiva italiana.
Il settore ha perso certamente una delle figure di maggior spessore.
Antonio Franco