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CARLO STRUZZI – VIDEO PROGETTI – IBC 2017

Salvatore GRILLO – COMEAR

EUTELSAT – CRISTIANO BENZI

Eutelsat e V-Nova insieme per un’innovativa soluzione di contribuzione video con qualità studio in HD

Operatore in Broadcast Control Room

La distribuzione via satellite a qualità ‘studio’ per segnali HD offre alla comunità broadcast l’alternativa alla fibra lungamente attesa

Eutelsat e V-Nova – Eutelsat Communications (NYSE Euronext Paris: ETL) e V-Nova Ltd. durante l’IBC di quest’anno – in programma ad Amsterdam fino al 19 settembre prossimo – presenteranno una nuova soluzione per la contribuzione HD via satellite con qualità studio che per la prima volta offre alle emittenti e ai fornitori di servizi video una vera alternativa, o un valido backup, alla contribuzione in fibra, sia in termini di qualità che di efficienza.

La nuova soluzione sfrutta la tecnologia PERSEUS ™ Pro di V-Nova che conserva le caratteristiche del video tipiche della contribuzione su fibra, come la piena risoluzione dello spazio colore e la compressione ‘INTRA frame’, combinandoli alla distribuzione via satellite che aggiunge i vantaggi di ubiquità e flessibilità.

Ciò consente agli operatori broadcast contribuzioni di segnali con qualità studio, essenziali per mantenere la massima qualità del segnale nativo e permettere la massima flessibilità dell’editing da qualsiasi posizione. Tali caratteristiche sono rese possibili dalla compressione a 80 Mbps di segnali video HD 4:2:2 a 10 bit, che possono essere trasmessi su satellite attraverso le convenzionali antenne mobili (SNG e Fly Away) su transponder standard da 36 MHz della flotta satellitare globale di Eutelsat.

Eutelsat e V-Nova – Le Performance

Eutelsat e V-Nova – avvalendosi del supporto di un rinomato laboratorio indipendente – hanno sottoposto PERSEUS Pro a dei rigorosi test di qualità utilizzando metriche e procedure di riferimento nell’industria broadcast, confrontando le performance di PERSEUS Pro utilizzato su capacità satellitare di Eutelsat con la qualità ottenibile dagli standard di compressione normalmente utilizzati sulla fibra.

I test hanno dimostrato la qualità superiore ottenibile da PERSEUS Pro nei confronti dei codec di contribuzione legacy utilizzati ai rate tipici della distribuzione via satellite, completando precedenti valutazioni indipendenti che avevano dimostrato un guadagno di efficienza di compressione medio del 30% di PERSEUS Pro rispetto a JPEG2000.

Michel Azibert, Chief Commercial and Development Officer di Eutelsat ha commentato: “L’innovazione che presentiamo all’IBC questa settimana insieme a V-Nova offre alle emittenti e ai fornitori di servizi video una vera alternativa alla fibra e assicura che non si debba ricorrere a compromessi per le contribuzioni HD con qualità studio in caso di contenuti sportivi premium, eventi culturali o notizie.

Collaborando con V-Nova, siamo in grado offrire ai player dell’industria broadcast una soluzione economicamente vantaggiosa e facile da implementare, senza nessun passo indietro sulla qualità”.

Guido Meardi, CEO e co-fondatore di V-Nova, ha aggiunto: “Sono lieto di vedere i risultati del duro lavoro dei nostri team, che ha seguito la copertura di UEFA Euro 2016 e una serie di approfonditi test dello scorso anno. Questa soluzione dimostra che la nostra tecnologia di compressione, PERSEUS, è un codec davvero cross-mediale, capace di portare benefici tangibili su più mercati, tra cui quello della contribuzione satellitare. Siamo fieri del nostro rapporto con Eutelsat e non vediamo l’ora di lavorare insieme per supportare i broadcaster e gli operatori nel fornire servizi di qualità superiore ai nostri clienti”.

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BetaMedia e DBW: un accordo strategico per il 4K e l’UHD

Con l’IP, l’OB VAN diventa davvero Flexi


Un nuovo accordo di partnership tra BetaMedia e DBW e un nuovo concetto di architettura brevettato – che, con l’integrazione IP, raggiunge il suo massimo potenziale – costituendo un’offerta unica sul mercato, non solo italiano


Il mezzo più avanzato in Italia

Con i più grandi OB VAN Italiani – Un accordo definito dopo un anno di collaborazioni, su diverse produzioni realizzate anche all’estero, porta DBW e BetaMedia a stringere una partnership più forte, che prevede l’integrazione delle tecnologie e la condivisione dei rispettivi e rispettabili know-how. Congiuntamente allo sviluppo del primo mezzo mobile basato su IP, ma anche sul concetto di Flexi Van – l’architettura sviluppata dalla mente di Rosario Messina, già brevettata negli USA – la partnership permette di presentare un’offerta che rappresenta oggi il miglior potenziale tecnologico disponibile sul mercato italiano e non solo.

A supporto di questo importante upgrade tecnologico, ci sono le nuove tecnologie della SAM e il supporto di Video Progetti, come system integrator, che ha consentito di realizzare un mezzo che in grado di offrire, oltre all’infrastruttura IP, la possibilità di realizzare riprese, in HD fino a 36 camere e in 4K o UHD, fino a 24 camere, di tipo broadcast o cinematografico, sia in SDR che in HDR.

In pratica, tutto quello che si può desiderare oggi, in quanto ad aggiornamento tecnologico.

Alla base di questo progetto, dicevamo, oltre all’architettura Flexi, (ottimizzata anche grazie al fattivo supporto del reparto R&S della Link, che ha sviluppato degli appositi connettori), il valore aggiunto della matrice IP e del mixer Kahuna della SAM, integrati da Video Progetti.

La matrice IP rappresenta quindi il cuore del sistema stesso che, integrato con le potenzialità del production center Kahuna, è capace di operare in modalità multi-risoluzione e multistandard, potendo offrire il processamento contemporaneo, in entrata ed in uscita, di segnali HD, UltraHD, in SDR o HDR, simultaneamente; tutto ciò consente di poter operare praticamente senza limiti, soddisfacendo ogni specifica esigenza produttiva, per qualsiasi tipologia di progetto.

Inoltre, il sistema ibrido tra cinema e televisione consente – come hanno avuto modo di apprezzare anche alcuni produttori esteri – di poter realizzare produzione di programmi televisivi, realizzati in esterno, ma anche in studio, con un look tipicamente fotografico derivante dalla possibilità di operare con camere cinestyle, come le Sony F55 in abbinamento con lenti come le Prime, per offrire un nuovo tipo di prodotto. Elementi, questi, che ci ha evidenziato, Stefano Rebechi, CEO della DBW, nell’intervista che segue.

Quindi, un range operativo che non presenta limiti, potendo operare in modalità di ripresa secondo lo stile cinematografico o televisivo, oltre che che in ibrido, per la ripresa di programmi televisivi in studio o in esterno di ogni genere, fiction, eventi come opere e spettacoli, live musicale, sport etc…

 


Guarda la brochure dell’OB-VAN

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INTERVISTA UMBERTO CHIERIELLO – CEO BETAMEDIA

Dottor Chiariello, come nasce il progetto di questo nuovo OB Van?

Abbiamo chiamato Flex IP van, quando tre concetti fondamentalmente: il primo è quello dell’OB Van; cioè dell’Outside Broadcast Van; quindi una regia mobile su ruote. Il secondo concetto è quello del Flexi Van, che è anche il nostro brevetto internazionale, registrato negli Stati Uniti, come innovazione di processo.

Utilizzando delle unità in fibra ottica, possiamo estendere su vasti territori la potenza di fuoco della capacità di ripresa del sistema che, in HD arriva a 36 telecamere; in UltraHD arriva invece a 24 telecamere.

E poi, l’ultimo concetto, che sta tra Flexi e Van, che è l’IP.

Per entrare nel dettaglio, che cosa vuol dire per voi, l’IP?

Vuol dire avere, grazie alle unità remote in fibra, integrate, la possibilità di poter gestire – attraverso un indirizzo statico – tutte le informazioni necessarie per realizzare le riprese televisive. Questo significa non avere più una matrice centralizzata, che ha dei limiti strutturali e fisici, ma la possibilità di implementare, in maniera organizzata, strutturando il sistema in base alle specifiche esigenze e, spostando a livello periferico, risorse che prima non disponibile solo in modalità centralizzata.

Come proponete sul mercato questo particolare mezzo?

Stiamo lavorando insieme al nostro partner DBW, per far conoscere al mercato questo mezzo che è unico nel suo genere. La DBW  È stata la prima azienda Italiana ad investire in modo significativo sulla tecnologia 4K. Disponiamo oggi di un importante parco camera, composto da camere F55 e 4300  della Sony  che, unitamente al mixer Kahuna – il più evoluto che esiste sul mercato e – ci permette di avere un mezzo realmente 4K nativo, e non upscale, come propongono altri.

Abbiamo investito molto anche sullo slow-motion,  acquisendo sia gli EVS 4K che i server Sony 4K,  per poter fornire un workflow completo, su questo standard.

La regia è dotata anche della sub-regia audio. Possiamo quindi proporci sul mercato, per la nuova stagione televisiva, con una soluzione unica nel suo genere. E con la flessibilità e la potenzialità di cui ho parlato prima, che oggi in Italia, non è in grado di offrire nessuno.

In conclusione, se dovesse descrivere il potenziale dell’offerta, con una sola frase?

Flessibile, innovativo, espandibile e potente.

 

 


Intervista  Stefano Rebechi – CEO DBW Communication

Avete concluso un importante accordo con la BetaMedia. Qual è l’oggetto di questo accordo?

L’accordo nasce dopo una partnership durata oltre un anno, che ha dato vita a una serie di produzioni nazionali ed internazionali. Noi abbiamo lavorato con il 3D telescopico, con il 4K, poi HDR ed abbiamo anche realizzato riprese VR 360°. BetaMedia vanta una lunga ed importante storia nella ripresa multicamere.

Cercavamo un partner industriale solido che avesse quello che noi abbiamo deciso di non implementare, cioè degli OB Van. Abbiamo trovato, appunto, il partner ideale in BetaMedia, visto che ha al suo attivo una grande capacità progettuale, un’importante flotta ed una lunga esperienza in questo settore.

Abbiamo unito le forze, integrato una serie di tecnologie, che abbiamo concentrato in particolare sull’OB14 di nuova costruzione e, quindi, ci stiamo, quindi, presentando al mercato come una struttura che ha un’organizzazione già rodata da un anno di partnership e che ci permette di realizzare produzione live, sia sportive che musicali o programmi in studi televisivi in 4K HDR.

Ma, in modo più specifico, che tipo di contributo porta BetaMedia all’importante know-how che ha maturato DBW, in questi anni?

L’importanza di BetaMedia, nella nostra compagine, è relativa alla struttura tecnica di primo livello; la capacità di progettare nuovi mezzi, di sfruttare soprattutto il protocollo IP; cosa che i nostri competitor ancora non hanno integrato in modo significativo. Mentre noi abbiamo portato tutta la nostra esperienza maturata con il 4K e nello specifico dell’HDR,  tenendo presente che, ad oggi, abbiamo realizzato ben 17 produzioni in 4K, di cui cinque in 4K-HDR. Senza dimenticare che la prima produzione l’abbiamo realizzata nel lontano 2013. Questo ci ha permesso di fare un ulteriore salto verso il futuro.

Tutto questo ci ha consentito di presentarci sul mercato con un progetto molto solido ed innovativo, da un punto di vista tecnologico.

Perché mettere insieme le telecamere UltraHD tipicamente broadcast, come le 4300 e le telecamere come l’F55, dedicate invece al cinema? Quale risultato può scaturire da questo abbinamento?

Domanda interessante perché in qualche modo è vicina alla nostra storia e la descrive perfettamente. La DBW ha sempre operato in modo ibrido, tra cinema e televisione o con altri media, come è successo per il VR360°. Questo ci ha consentito di avere un approccio diverso rispetto agli altri, per ciò che riguarda le regie mobili. C’è sempre stata una netta distinzione tra riprese cinematografiche e riprese televisive. Le prime, magari, realizzate con sensore super 35, le seconde con sensore da 2/3”. Adesso, questi due mondi si stanno avvicinando moltissimo.

Ciò consente di utilizzare dei sensori super 35, per il work flow tipicamente televisivo, con i cameramen che hanno una comunicazione audio-video con un regista, il quale impartisce dei comandi per la realizzazione della ripresa.

Quindi, in questo momento, stiamo presentando sul mercato due approcci diversi, che utilizzano entrambi il 4K. Possiamo realizzare un programma televisivo con un’estetica cinematografica, ma con workflow televisivo. Allo stesso tempo, possiamo realizzare un programma sportivo, con telecamere tipicamente broadcast che integrano dei sensori più piccoli e che offrono maggiore profondità di campo, rispetto ad una camera come la F55.

Possiamo quindi coniugare questi due approcci, differenti  tra loro ma, in entrambi i casi, con workflow tipicamente televisivo.

Quali sono i prossimi passi previsti per quel che riguarda la partnership con la BetaMedia?

Il futuro della nostra partnership va proprio nella direzione del produrre in 4K ed in HDR ed anche in HD HDR.

Stiamo realizzando, soprattutto all’estero – dove c’è una maggiore sensibilità al tema dell’estetica cinematografica riportata sullo schermo televisivo – delle produzione in HD, con camere 4K con sensore super 35 mm e ottiche Prime, tipiche della ripresa cinematografica. Quindi un’estetica cine, per programmi televisivi realizzati in studio.

Credo che il futuro sia quindi per una produzione in 4K HDR, che sarà poi declinata in tutti i formati, con le diverse definizioni e nei diversi standard.

 

 


INTERVISTA Rosario Messina – CTO BETAMEDIA

Quando hai cominciato a pensare al Flexi Van?  

Ho cominciato a pensare al Flexi Van già nel  2004. Poi, nel 2005, ho cominciato a lavorarci operativamente. Ben 12 anni fa.
Il brevetto del Flexi Van è già registrato, da ben cinque anni, negli Stati Uniti ed è ancora in attesa di registrazione in Europa.

Da quale spunto sei partito?  

La mia idea iniziale era quella di cercare una soluzione per poter connettere gruppi di apparecchiature mediante un solo cavo multicore. Pensavo di poter avere così una grande flessibilità dei diversi moduli che compongono un sistema di produzione, rendendoli modulari ed interfacciabili, in funzione delle specifiche esigenze produttive.

Una modularità che apre nuove forme di workflow e cambia il concetto di OB Van?  

Sì. Al punto che, ad esempio, si possono anche creare delle partnership, magari con aziende estere, per potersi scambiare moduli o combinarli in funzione delle occasionali esigenze di produzione, modulando dinamicamente la configurazione del sistema.  

Ma i moduli possono essere anche separati, per facilitarne il trasporto e poter quindi viaggiare anche per via aerea, potendo così spostare velocemente alcune parti o tutto il sistema di produzione, per raggiungere location anche distanti migliaia di chilometri, in poche ore. Se si pensa ad un calendario di produzione, quale potrebbe essere un campionato sportivo in giro per il mondo, ciò rende ancora più interessante quest’architettura di sistema modulare e facilmente riconfigurabile.

Insomma, una specie di moduli che si incastrano tra loro?  

Si, è così. Un sistema che ricorda in qualche modo il gioco della Lego o, un computer che collega le varie periferiche mediante una semplice connessione USB. Non ho inventato una nuova tecnologia. Ho inventato solo una nuova architettura.

Perchè la scelta di questo Router? 

La Extreme, seppure poco conosciuta negli ambienti consumer, è una casa specializzata nella realizzazione di apparati telematici di Alta Classe per ambienti sensibili come quelli Militare e Ospedaliero. Gli ingegneri della Extreme ci hanno supportato durante la fase di startup ed hanno garantito la dovuta tranquillità operativa.

Il modello utilizzato nella prima fase garantisce circa 1,5 Tb di banda no bloking. Nella seconda fase, che sarà operativa entro la fine dell’autunno corrente, questi switch si sposteranno nella periferia dell’impianto, agevolando la trasmissione e la connessione esterna all’OB-Van e verranno sostituiti con altri che garantiranno bande più che quadruplicate. Con la nuova generazione di switch, con porte da 40/100 Gb e Bus in ring da 400 Gb, avremo a disposizione dai 6 ai 9 Tb di banda no-bloking. 

Parliamo della scelta dei connettori? 

I connettori LK link, specializzati per il Flexi, sono i medesimi già ingegnerizzati per il Flexivan. Tutte le connessioni tra Base Stations/CCUs e MOW sono retrocompatibili. I cavi ed i connettori ingegnerizzati dalla Link sono in grado di supportare, nei termini delle lunghezze di cavo richieste, sia il 3G che il 12G.

In che modo Link ha sviluppato questa serie?  

I cavi in rame, come già detto, sono gli stessi del FlexiVan mentre, in questi giorni, insieme agli ingegneri della Link stiamo sviluppando nuovi cavi e connettori ottici utili per la tecnologia MPO-MTP. A breve, le connessioni IP dei moduli saranno supportati da questa tipologia di cavi e connettori.

E come cambia la filosofia Flexi Van, con l’integrazione dell’IP? 

Le nuove tecnologie, come l’IP, consentono di abbassare ulteriormente costi. E permettono al Flexy Van di rigenerarsi ed essere ancora più efficiente ed attuale.

Un ulteriore impatto sulla semplificazione, per ciò che riguarda quel mattoncino che connette le differenti apparecchiature. L’IP diventa, di fatto, il motore del Flexi Van e, consente di far risparmiare, anche dal punto di vista economico, sul sistema dell’OB-Van.

In conclusione, per ciò che riguarda il sistema IP, su quali partner e brand è caduta la scelta?  

Tutto il sistema IP è, come già detto, fornito dal SAM e distribuita da Videoprogetti. Quest’ultima, grazie anche al supporto di Marco Annibali, ha garantito tutto il necessario e prezioso supporto. Il routing video è supportato dallo standard ridondato 2022-7, in attesa della ratifica del 2110. Al sistema SAM abbiamo, inoltre, affiancato un innovativo software di gestione che consente di velocizzare e rendere immediata qualunque riconfigurazione del sistema ‘matrice liquida’.


FlexIP Van tra i più grandi OB VAN Italiani


 

INTERVISTA CARLO STRUZZI  – CEO VIDEO PROGETTI

Come nasce il progetto FlexIP Van e che vantaggi offre?

Il progetto nasce dalla mente di Rosario Messina. È uno strumento che si adatta e cambia facilmente la configurazione. L’esperienza di DBW, nella stereoscopia, prima, e nella produzione Ultra HD e 4K, poi, è molto elevata, visto che operano con queste avanzate tecnologie da diversi anni. BetaMedia vanta invece un’esperienza ultradecennale nella produzione televisiva. Quindi un connubio tra due aziende leader, che offre un elevato potenziale.

Cosa aggiunge l’IP al Flexi Van?

Aggiunge la possibilità di estendere la matrice vicina al set; la possibilità di configurare facilmente il sistema; di utilizzare infrastrutture IP nella produzione video, che aumentano ovviamente l’efficienza e diminuiscono le dimensioni degli apparati. Dovrebbero poi, di conseguenza, diminuire anche i costi di gestione. In conclusione, direi: qualità, flessibilità, e velocità, oltre che una miglior gestione. 

Entriamo nel dettaglio. Quali sono, secondo te, le tecnologie da mettere in evidenza in questo progetto?

Il FlexIP Van è stato strutturato intorno al sistema  Kahuna della SAM che è il leader di mercato da molti anni. Kahuna offre una soluzione multi-risoluzione, ha diversi ingressi; gestisce l’HDR l’ultra HD ed integra quello che la SAM definisce Format Fusion 4, cioè un sistema che permette di produrre in HD e ultra HD, con o senza HDR, in un unico box e fornisce delle uscite, contemporanee, nei diversi standard, secondo le necessità e le richieste dalla produzione. Il Kahuna è davvero configurabile facilmente ed efficientemente, per gestire qualsiasi tipo di produzione.

Quando parliamo di una nuova matrice integrata, in questo nuovo OB-Van, che cosa intendiamo?

Parliamo di una matrice IP, della gamma SAM, che utilizza la tecnologia IT standard. Questa matrice riesce ad offrire le stesse funzioni offerte dalle precedenti matrici SDI, ma con l’integrazione delle tecnologie IP e con tutti i vantaggi che ne derivano per ciò che riguarda il trasporto e l’infrastruttura, nella produzione tv.

Secondo te, come va visto, oggi, lo scenario IP, riferito al settore della produzione broadcast?

Lo scenario IP rappresenta oggi una situazione in continua evoluzione. Gli standard consolidati sono il 2022-6 e il 2022-7 e, in alcuni casi, anche il TR03 ma si va verso il 2110 che dovrebbe essere ratificato il prossimo anno. Saranno poi disponibili, conseguentemente, anche le apparecchiature.

Scegliere tra IP ed SDI, oggi, è strettamente finalizzato alle esigenze del cliente e dal tipo di produzione che si deve affrontare. L’IP rappresenta il nuovo; l’SDI è il consolidato. L’IP è il formato sul quale, ovviamente, costruiremo le nuove infrastrutture. La scelta è soggettiva e dipende da diversi fattori. Oggi però, è anche possibile realizzare dei sistemi ibridi che risultano molto più efficienti e che permettono ai clienti di adattarsi gradualmente alla nuova tecnologia, diluendo gli investimenti nel tempo.

Con l’IP si  ha anche la possibilità di poter realizzare dei sistemi di remote production, realizzabili meno facilmente con tecnologie tradizionali?

Nel trasporto dei segnali da una location al centro di produzione remoto – dando per scontato che esista un network efficiente – la tecnologia ci mette a disposizione delle soluzioni basate su IP. Quello che di nuovo sta accadendo è che queste soluzioni diventano sempre meno costose, più dense e più affidabili; il network offre sempre più capacità, per cui è sempre più facile realizzare la produzione in remoto.

Questa modalità potrebbe però essere più efficiente se il processo completo la tiene in dovuta considerazione. Ovvero, se posso evitare di spostare l’OB Van da una location all’altra, questo potrebbe rappresentare un grande vantaggio. Ma se poi non riesco a produrre tanti eventi, contemporaneamente, il vantaggio potrebbe essere relativo.

Quindi, anche per la remote production vale il discorso fatto per l’IP. Tutto è da valutare in funzione delle esigenze del cliente. E’ solo lui che deve analizzare e valutare bene le sue esigenze, per capire come sviluppare il sistema.


BOX FLEX IP OB-VAN 14 – CONFIGURATION

MECHANICAL SECTION
MODEL: MAN TGX 18.480
Tractor Unit Plate:  AF49622
Tractor Unit Dimensions: Length 5.875 mt – Width 2.50 mt – Height 4 mt
Plate Trailer Unit:  AF49622
Trailer Unit Dimensions: Length 13.60 mt (14.70 mt with ext.) – Width 2.55 mt (5.50 mt with ext.) – Height 4 mt
Electrical system: 380V
Consumption: 50 KW
Outlet: 125A 5-pole
Voltage: Stabiliser
Double Insulation transformer


TECHNICAL SECTION

Up to 36 Cameras HD-3G or 4K/UHD HDR – HFR – WCG (SONY HDC-4300 or PMW-F55)
Only 4K large-small B4 or PL mount lenses
Up to 10 EVS 4K and SERVER SONY PVW4400 net connected
Video Switcher SAM KAHUNA 9600 6mes – up to 3 Consolles Maverik
1024 x 1024 IP-Router
IP Routing SMPTE 2022-7 (redundancy and uncompressed) SAM technology based
SONY OLED HDR / TV-LOGIC / EIZO quality/reference 4K-UHD monitors
GV KALEIDO Multiviewers
HDR processors to-from SONY S-LOG3 / HDR10 / HLG / REC-709
Standard-Format-Frequency Processor to-from 25p – 50i -30p – 50p – 60p / Level A – Level B – Quad – 2SI etc.  / 3g – 6g – 12g
FLEXIPVAN Architecture
Audio Mixer Consolle Stagetec Crescendo
Audio Routing Based on Stagetec Nexus
DOLBY E – AC3
Clearcom Intercom With IP Tecnology
6 Working Rooms on Ob-Van With Exclusive Access Doors
26 Full Operative Desk Positions on Ob-Van
33 + 33 Kwatt Parallel Ups  System


 

CineAlta Venice – Sony emoziona il mondo del cinema

Sony emoziona il mondo del cinema con CineAlta Venice

Presentata oggi a Pinewood, (il tempio del cinema inglese), ad un ristretto numero di giornalisti europei, la nuova CineAlta Venice della Sony.

Sony Cinealta Venice visione dei principali componenti
Sony Cinealta Venice Esploso dei Componenti

Sorprendente già nel nome del modello, Venice, in omaggio alla città italiana che proprio in questi giorni sta ospitando la Mostra Internazionale del Cinema.

Un prodotto per alcuni aspetti unico, come, (giusto per fare un esempio), la possibilità di sostituire il sensore, riuscendo così ad upgrade, in futuro il prodotto, nel suo componente più “sensibile”, senza dover necessariamente investire su una nuova camera.
Ma, iniziamo appunto dal sensore, progettato e costruito ovviamente dalla Sony. Si tratta di un full-frame 24×36 di ultima generazione che offre caratteristiche avanzate.
Come i 15 stop di latitudine, con uno spazio colore che eccede lo standard BT2020, HDR ovviamente, attacco lenti PL e, switch per E-mount.
Sony Cinealta Venice pannello di controllo
Sorprendente già nel nome del modello, Venice, in omaggio alla città italiana che proprio in questi giorni sta ospitando la Mostra Internazionale del Cinema.

Altro elemento utile. Il filtro ND su 8 step, con valori da 0.3 a 2.4. Disponibili due  display esterni.mentre il viewfinder è basato su tecnologia OLED, con risoluzione Full-HD. Per i formati di registrazione, X-OCN, RAW, XAVC 4K e Apple ProRes.

Anche il workflow della post produzione può essere semplificato, oltre che flessibile, in funzione Delle specifiche esigenze del progetto produttivo.
Venice e’ compatibile con tutti I vari accessori della PMW-F55.
Tutto il sistema, insomma, è realizzando secondo la filosofia del compatto, intuitivo e pratico, per lasciare massima spazio alla libertà espressiva e creativa.

Perché, con “Sony Cinealta Venice,-sottolinea Sony-ogni frame è un’emozione”. Ma per emozionarsi, bisogna aspettare fino a febbraio

Altri articoli dal magazine Digital Production TV – vai alla pagina..

Sony Cinealta Venice sul sito ufficiale Sony – vai al sito..



Il pannello di controllo della Sony CineAlta Venice
Presentata oggi a Pinewood, (il tempio del cinema inglese), ad un ristretto numero di giornalisti europei, la nuova CineAlta Venice della Sony.

Perché Digital Production?

di ANTONIO FRANCO

Stiamo assistendo alla più veloce evoluzione che sia mai avvenuta nel mondo dei media e delle tecnologie più in generale , mutamenti che stanno rivoluzionando il nostro modo di vivere e comunicare non solo nella vita quotidiana, ma anche nelle forme più alte della comunicazione, anche a livello istituzionale basti pensare che addirittura il confronto politico avviene oramai attraverso piattaforme social come Twitter o FaceBook, e foto e video testimoniano quotidianamente molti dei momenti della nostra vita, con una frequenza che era, fino a qualche anno fa, inimmaginabile.  Cambia così anche, ed inesorabilmente, il linguaggio dei Media ed il modo di fruire i contenuti ed i confini tra una piattaforma e l’altra sono sempre più labili

solo qualche anno fa, in occasione di un convegno, presentai una slide, frutto di una ricerca di mercato che prevedeva, nel giro di 3-4 anni, circa 3,5 miliardi di smartphone attivi, allora ci sembrava una quota di mercato impossibile da raggiungere,  oggi quella quota è abbondantemente superata e molti utilizzano anche due o più smartphone, contemporaneamente

Cresce allo stesso tempo il numero di televisori che, oltre ad offrire più risoluzione e migliore qualità dell’immagine, sono in versione Smart; si collegano cioè sulla rete IP, questo stravolge ulteriormente il modo di fruire i contenuti televisivi, portando il telespettatore, da un ruolo fino ad oggi passivo, nella fruizione, a forme dinamiche ed attive, sia nella selezione della playlist, che nella possibilità di poter essere, grazie anche alle nuove forme di VR-Virtual Reality 360°, protagonista del contenuto che sta guardando

A fronte di una così ampia disponibilità di dispositivi e nuove tecnologie di produzione e di fruizione, appeal e qualità del contenuto rappresentano e rappresenteranno sempre più in futuro, la grande discriminante per poter ottenere risultati di audience e successo di mercato

É perciò evidente che è condizione essenziale restare aggiornati, sia sulle nuove tecnologie di produzione e distribuzione che su tutti i fattori che favoriscono e condizionano questo frenetico ed inarrestabile processo evolutivo Digital Production vuole essere la piattaforma che aiuta i professionisti che operano per produrre e distribuire contenuti, ad aggiornarsi e ad avere sempre le informazioni più utili, per poter operare al meglio, nel proprio specifico settore di competenza Una piattaforma, e non solo un magazine, che punta quindi ad assolvere un compito ambizioso e che vuole porsi come strumento utile per chi, quotidianamente, ha la necessità di avere uno strumento aggiornato ed autorevole, per poter performare al meglio, nella propria attività


Il mio impegno e del team che collabora con me, in questa nuova avventura, è quello di realizzare quindi contenuti ed iniziative realmente utili, dedicate ai professionisti dei settori mirati, al team ed ai molti amici che mi hanno voluto incoraggiare e sostenuto, nel realizzare questa nuova iniziativa, va il mio doveroso, sentito ringraziamento


Antonio Franco
EDITORIALE PERCHÉ DIGITAL PRODUCTION?
DP01-2017

Il Nab Delle Conferme

Ref. il NAB delle conferme 

Un NAB che non ha offerto grandi sorprese, dopo la precedente edizione che avviava difatti, in modo deciso, il nuovo corso verso l’IP e la “collaborazione” tra tutte le grandi, (e non solo), aziende, riunite in associazione. Quindi, una conferma ed un ulteriore passo verso il consolidamento di questa nuova strada.

di ANTONIO FRANCO



Ma, allo stesso tempo, anche una maggiore presa di coscienza che porta ad una più cauta riflessione. Se, infatti, l’anno scorso si dava per praticamente morto l’SDI, in questa edizione si percepiva chiaramente che, in realtà, la strada IP è obbligata e che chi deve fare investimenti, non può eludere la previsione di integrazione di questa nuova tecnologia.

Allo stesso tempo, almeno per qualche anno, è scontato che l’SDI continuerà a vivere. Certo è che, chi deve pianificare degli investimenti, non può non tenere nella dovuta considerazione il trend tecnologico che si svilupperà nei prossimi anni. Questo anche per i numerosi vantaggi che l’IP offre, per ciò che riguarda la semplificazione e le potenzialità relative al workflow.  Non solo per i colossi, ma anche per le strutture di medie o piccole dimensioni. Oramai, integrare una camera IP in un sistema di produzione è un’operazione oltre che semplice, anche alla portata di tutti.



Per avere un’idea del potenziale che deriva dalle diverse tecnologie integrate, basta guardare all’ultimo sistema RPS della TVU, che consente di poter trasferire fino a 10 flussi bidirezionali (sfruttando al meglio, tutte le tecnologie di connessione disponibili), da e per lo studio, utilizzando, per produrre, le tecnologie già utilizzate in sede, evitando di realizzare ulteriori investimenti. Ma, lo stesso discorso vale poi anche per il play-out che oltre ad essere eventualmente fornito come servizio, in cloud, da strutture di servizio esterne può essere gestito in remoto, semplificando le attività di programmazione, senza richiedere necessariamente la presenza fisica dell’operatore, nella stessa location dove è installato il sistema di emissione.  Un elemento molto “strillato” e che era un po’ dato per scontato in questa edizione, era il valore dell’associazionismo tra le varie aziende; mi riferisco in particolare all’AISM, che tanto favore aveva riscontrato dagli addetti ai lavori. La possibilità di poter acquisire ed integrare, nei nuovi sistemi, soluzioni dei diversi brand, in modo semplice e trasparente, in un periodo di grande evoluzione come quello che stiamo vivendo, certamente non è un elemento trascurabile. E, se da un lato, l’evoluzione della tecnologia, dedicata alla produzione, sta vivendo quindi un momento effervescente, dall’altro, la gestione e distribuzione dei contenuti, non è da meno.

Il punto di domanda resta, però, quello relativo ai modelli di business ed alle adeguate revenue, soprattutto in termini quantitativi, che devono o dovrebbero arrivare, dalla produzione e distribuzione dei contenuti sulle diverse piattaforme di fruizione. Se questo è un tema importante per i soggetti di grandi dimensioni, (che hanno un potenziale importante da poter sviluppare), per i soggetti più piccoli, questo è davvero un elemento tutto da chiarire. E, non è trascurabile il fatto che nuovi player, come Amazon e Google, potrebbero capitalizzare molto a danno dei produttori tradizionali come i network televisivi grazie al grande potenziale che hanno, in termini di capacità di contatto e distribuzione, sui nuovi device. Non va però trascurato il fattore infrastrutture. Certamente, oggi non adeguato alla crescita esponenziale della richiesta da parte degli utenti. Sia in termini di qualità che di qualità.



Ecco allora le soluzioni presentate dalle diverse aziende, per poter facilitare il compito agli operatori. Da Si-Media, che in questa occasione presentava anche un’innovativa soluzione dedicata alla gestione dello studio di produzione, a Image Communications, a SAM, le diverse proposte permettono di velocizzare il workflow e la gestione stessa della distribuzione, sulle diverse piattaforme di fruizione. Per parlare ancora di delivery, l’attenzione è stata posta, poi, anche a soluzioni ed ai nuovi tools, dedicati alle tecnologie di compressione. In testa, ancora V-Nova, con la release 2 di Perseus, per la quale ha conquistato ancora importanti riconoscimenti. Ma si sono anche viste nuove soluzioni che migliorano l’efficienza, in modo trasparente, degli standard di compressione attualmente utilizzati, senza aggiungere nuovi pezzi di hardware ma integrando solo del software, come avviene nel caso delle soluzioni proposte ad esempio dalla Beamr. Allo stesso tempo, anche se alcuni operatori preferiscono rimandare, per diverse ragioni (anche economiche), il passaggio all’Ultra-HD, praticamente quasi tutte le aziende, parlavano di 4K e, naturalmente di HDR. E le tecnologie sono oramai realmente disponibili ed abbordabili, anche in termini di investimento, oltre che di affidabilità.

Quindi, a partire dalle camere da studio, di livello broadcast, proposte da Grass Valley, Hitachi, Panasonic e Sony, per passare poi ai vari mixer video con evidenza oltre che per i brand citati prima, anche per altri, come SAM, For-A, BlackMagic e Ross per proseguire con gli altri strumenti di gestione e produzione, le proposte tecnologiche, non più mediate dalle precedenti soluzioni HD sono oramai capaci di rispondere alle attuali esigenze, anche in termini di efficienza, oltre che di qualità.

E, la teoria che un buon Full-HD, in HDR, hig frame-rate, possa bastare, lascia probabilmente il tempo che trova, visto che al NAB si continuava a parlare, con una certa convinzione, anche di 8K. Ma, questo, è un altro film. A dimostrazione di come stia cambiando il settore relativo alla produzione e delivery dei contenuti, però, è da registrare con una certa attenzione, la presenza sempre più invadente dei grandi colossi come Google o Amazon, (e non solo la solita Netflix), oltre che per gli accordi stretti da Microsoft, con Avid, Imagine Communications etc…

Insomma, un’edizione che può essere vista come occasione di conferma di quello che si era visto nella precedente e che dà una visione più chiara e concreta agli operatori. 

TVU RPS la democratizzazione della remote production

Ref. TVU RPS la democratizzazione della remote production

Dalla TVU, RPS un sistema dedicato alla Remote Production, efficiente, compatto e alla portata di tutti che consente di ridurre i costi di produzione e di poter gestire fino a 6 o 10 flussi bidirezionali, servizi compresi.

di ANTONIO FRANCO


Il Panel Control del TVU RPS. Il Panel Control consente di poter monitorare e settare tutti i parametri del sistema, per ottenere sempre il miglior risultato, oltre che per poterlo configurare secondo le specifiche esigenze di lavoro.

Anche al recente NAB di Las Vegas, si è molto parlato di Remote Production. Un tema molto seguito negli ultimi anni che introduce nuovi processi e consente di semplificare le attività di produzione, sfruttando tutte le potenzialità tecnologiche disponibili, per una struttura dedita alla produzione di contenuti. Ma, almeno fino ad adesso, alcune fasi di questo tipo di attività, erano destinate solo a strutture di un certo tipo, anche per il livello di investimento richiesto. Oggi, con lo sviluppo di una nuova soluzione presentata dallaTVU Networks, viene abbattuta anche quest’ultima barriera, portando questo tipo di soluzioni alla portata di molti operatori, grazie alla nuova soluzione TVU RPS-Remote Production System. Si tratta di un sistema che consente di dare un contributo di ben sei canali contemporanei, sfruttando tutti i sistemi di connessione disponibili.


Ma entriamo nel dettaglio, in un modo più pratico. Immaginiamo di dover produrre la ripresa di un evento, magari sportivo, come potrebbe essere un match di pallavolo o pallacanestro, ma anche una partita di calcio, senza avere il budget necessario, per impegnare un OB Van e le relative risorse umane e tecnologiche previste. Oggi si può, in alternativa, utilizzare l’RPS della TVU che permette di trasferire fino a sei segnali HD (in uscita dalle camere, sincronizzate), impiegando al massimo sei cameramen, (se non si preferisce utilizzare addirittura delle camere remotate), trasferendo i singoli flussi delle stesse, direttamente alla regia dello studio, pronti per essere mixati e messi in onda.

Si possono così eliminare ulteriori costi di trasferta, investimenti in tecnologie di produzione come mixer video, mixer audio e quant’altro necessario per produrre l’evento direttamente sulla location in cui avviene. Il tutto senza dover subire necessariamente le note problematiche che derivano dalla disponibilità di banda, su un determinato tipo di infrastruttura di connessione. Questo sistema assomma ed utilizza, infatti, diversi tipi di connessione, contemporaneamente. Dalle reti 3G e 4G/LTE, al WiFi, alla connessione LAN, con o senza fibra, arrivando ad un totale di 100 Mb/s di banda disponibile. Inoltre, con questo particolare tipo di utilizzo integrato delle diverse piattaforme di connessione, si riesce comunque ad ottenere sempre il massimo risultato, in termini di qualità, proprio grazie al fatto che, utilizzando le diverse piattaforme contemporaneamente anche quando una di queste ha problemi di banda disponibile il sistema sfrutta la capacità delle altre linee di connessione, offrendo sempre il miglior risultato qualitativo possibile.



TVU RPS Specifications
Models,RPT -4900 RPS Transmitter /encoder PRP -3900 RPS Receiver /decoder
Operating System,Linux
Encoder,Up to 6 channels of H.264 4:2:0 CBR encoding 100k-10Mb/s
Supported encode/decode video formats,NTSC PAL 720p50 720p59.94 1080i50 1080i59.94
Genlock,BB or Tri level
Video Inputs,Ports 1-8 – 1.0/2.3 DIN – SD/HDI-SDI (BNC adapter included) Ports 1-6 utilized for primary transmission and ports 7-8 are utilized for return video
Genlock Input (decoder).Ref: 1.0/2.3 DIN, BB or Tri level (BNC adapter included)
Keyboard and mouse,USB 2.0 x 4
Display,1 x DVI-D 2 x HDMI 1.4
Ethernet,2 x GigE Ethernet ports (8P8C jacks)
Power Input,IEC C14 power inlet (cable supplied)
Voltage,100-240V AC
Power,Max 250W
Hardware Dimensions,1.5RU rack mount 252mm x 434mm x 65mm (9.92” x 17.08” x 2.56”) does not include rack ear or front handle dimensions
Weight,4.74 kg (10.45 lbs)
Operating Temperatures,10°C to 35°C (50°F to 95°F)


L’RPS della TVU, con encoder e decoder, integrato con altri compatti prodotti
della Blackmagic, per completare il sistema di produzione. Come si può vedere, in un rack di sole 4 unità, facilmente trasportabile, si può avere una regia completa di mixer video e Recorder su scheda, piuttosto che utilizzare esclusivamente l’RPS e connettere tutte le camere al mixer video dello studio, in remoto.

Ed oggi, con la nuova soluzione TVU Router, si può arrivare addirittura a 200 Mb/s di banda, potendo così gestire fino ad un massimo di 10 flussi, capaci di soddisfare la maggior parte delle esigenze produttive. Ma l’RPS prevede una grande flessibilità di utilizzo della banda disponibile. E’ possibile realizzare delle configurazioni personalizzate, dividendo la capacità in segnali in entrata o in uscita, in base alle specifiche necessità produttive del singolo evento. La connessione bidirezionale offre perciò anche un ritorno dei segnali audio-video, come ad esempio quelli per l’intercom, il control, il prompter, i metadata o anche due segnali SDI, da utilizzare per qualsiasi tipo di esigenze. Tutto questo con un sistema composto da due moduli di una sola unità rack, oltre ad eventuali apparecchiature accessorie che si vogliono integrare. Ciò permette una facile trasportabilità del sistema, viste le sue ridotte dimensioni ed il peso contenuto, senza richiedere lunghi tempi di installazione e settaggio. Una pratica interfaccia consente di monitorare, controllare e settare tutti i parametri operativi, (delay compreso), in modo semplice ed immediato. Da sottolineare poi che, per esigenze più complesse o nel caso in cui si vogliano provare le soluzioni TVU, prima di investire, si può sempre contare sul rental o sul servizio offerto dai service che impiegano i sistemi TVU Networks, per realizzare le proprie produzioni. Infine, ricordiamo che il dealer TVU Networks per l’Italia è la Professional Show, disponibile anche per le demo reali, direttamente sul campo, anche di questa soluzione, già disponibile sul mercato.

Per esigenze più complesse o nel caso in cui si vogliano provare le soluzioni TVU, prima di investire, si può sempre contare sul rental
o sul servizio offerto dai service che impiegano i sistemi TVU Networks, per realizzare le proprie produzioni. Infine, ricordiamo che il dealer TVU Networks per l’Italia è la Professional Show, disponibile anche per le demo reali, direttamente sul campo, anche di questa soluzione, già disponibile sul mercato.

PierSilvio Berlusconi

Nell’interviexsclusiva, PierSilvio Berlusconi,  ci illustra gli sviluppi in casa Mediaset, per i prossimi mesi.

 

JVC – Somaschini

Economia E Regolazione Della Distribuzione Dei Contenuti Televisivi

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ref. economia e regolazione della distribuzione dei contenuti televisivi

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di PIERO DE CHIARA

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Nei prossimi mesi si intrecciano una serie di vicende industriali e re- golatorie, che avranno un impatto duraturo sul sistema dei media

L’elenco che segue può sembrare eterogeneo, ma le interferenze saranno inevitabili:

– la contesa o l’accordo tra Fininvest e Vivendi su Mediaset e gli eventuali effetti sul controllo di Telecom Italia
– l’asta per i diritti del calcio europeo e nazionale e il conseguente uso delle diverse piattaforme
– il roll out degli investimenti in fibra, in particolare di Enel Open Fiber e Telecom Italia
– il coordinamento internazionale propedeutico al passaggio della banda 700, da usi broadcasting ad usi unicasting mobile
– l’evoluzione della struttura di mercato delle tower company
– la possibile notifica da parte dell’Agcom di Sky, Mediaset o Rai quali operatori dominanti nei mercati tv
– l’applicazione case by case del regolamento europeo sulla net neutrality
– la diffusione del programmatic advertising ibrida su mezzi broadcasting e unicasting, e conseguente evoluzione dei sistemi di monitoraggio consortili, quali auditel e audiweb o proprietari quali Google o Facebook

Per capire le interferenze tra questi processi è utile abbozzare alcuni elementi di economia della distribuzione dei contenuti audiovisivi, siano essi commerciali, di servizio pubblico o generati dagli utenti per altri fini.
I contenuti commerciali, di servizio pubblico o generati dagli utenti, hanno diverse ragion d’essere sia per l’autore, sia per il regolatore. Ai fini di questo articolo, per semplificare, tralasciamo queste differenze e trattiamo tutti i contenuti come se fossero commerciali: ciò che ci consente comunque di riconoscere alcune direttrici comuni a tutte le imprese. Le cifre e le percentuali che useremo nel seguito vanno verificate e affinate, e devono quindi essere considerate come puramente indicative ai fini del ragionamento.

La distribuzione

Dal punto di vista dell’impresa, i costi di distribuzione devono ridursi. Naturalmente, una piattaforma con una larga base installata può sfruttare la sua posizione per erodere grandi quote di valore all’editore. Ad esempio, la distribuzione fisica delle videocassette erodeva oltre metà del prezzo del film; altrettanto esosa era la distribuzione mobile e la fatturazione su SIM prepagata dei servizi a valore aggiunto. Livelli simili di inefficienza (o di rendita oligopolistica) sono destinati ad essere prima o poi soppiantati da piattaforme o modelli di business più efficienti.

Ad esempio, la quota dei ricavi tv erosa dalla distribuzione via etere terrestre è stata intorno al 15% anche in epoca analogica. Con il DTT questa quota è scesa molto meno di quanto ci si poteva attendere, perché gli editori, verticalmente integrati con l’operatore di rete, hanno tentato di valorizzare l’asset frequenziale, saturando l’etere con usi non efficienti e mantenendo elevati i prezzi di autofornitura del servizio.

In ogni caso, anche con prezzi medi artificialmente alti, Il DTT resterà a lungo la piattaforma più usata per la distribuzione video, con la più larga base installata in termini di contatti e tempi. Ma la concorrenza ai bordi e sulle nuovi classi di età comincia a mordere: il DTT è oggi la modalità di ricezione unica per il 60% delle famiglie e quella principale per il 75% delle famiglie. Percentuale che scende del 5% all’anno e che si riduce ulteriormente se anziché le famiglie si considerano gli individui. Questa lenta erosione del DTT quale principale base installata, comporterà una razionalizzazione dei costi e la fine della integrazione tra editore e tower company. Per l’editore, l’etere terrestre non sarà più “la mia frequenza”, ma affitto di capacità trasmissiva da confrontare con altre piattaforme in termini di costi e basi installate. Altre modalità distributive quali CATV o SAT hanno costi marginali molto inferiori, ma scontano elevati costi fissi o costi sul lato dell’apparato d’utente. In Italia, la tv via cavo è assente, mentre ci sono oggi 10 milioni di parabole; per 5 milioni di famiglie il satellite è la principale modalità di ricezione televisiva. Anche considerando la minore base installata, i costi contatto di diffusione satellitare sono quindi inferiori a quelli terrestri.

Altre modalità distributive quali CATV o SAT hanno costi marginali molto inferiori, ma scontano elevati costi fissi o costi sul lato dell’apparato d’utente. In Italia, la tv via cavo è assente, mentre ci sono oggi 10 milioni di parabole; per 5 milioni di famiglie il satellite è la principale modalità di ricezione televisiva. Anche considerando la minore base installata, i costi contatto di diffusione satellitare sono quindi inferiori a quelli terrestri.

Del tutto peculiari sono le distribuzioni unicasting/multicasting nel mondo internet, che è oggi la principale modalità di ricezione per appena l’1% delle famiglie, ma con un elevato trend di crescita, soprattutto nelle nuove classi di età. Occorre fare una distinzione di massima tra ADSL, fibra e 4G/5G. Via rame, i sunk cost sono stati ammortizzati da una decisione regolatoria degli anni ’90, quando si decise di attribuire all’ADSL, che usa la maggior parte del doppino, solo i costi incrementali, lasciando alla fonia in banda bassa oltre la metà del prezzo all’utente. La distribuzione del video, che ormai occupa in termini di Byte 2/3 della banda, sembra essere gratis, cosa che innervosisce le telco. C’è da dire, però, che anche gli OTT investono nei sistemi distributivi. Sopra la rete di accesso, dalla CDN in su, ci sono più costi di quelli non ammortizzati e attribuibili al rame.
Non è detto che la fibra, il cui deployment è in corso, segua lo stesso modello di business e regolatorio. Le telco non sembrano rassegnate a diventare una commodity, i cui investimenti sono remunerati con i magri WACC dei nostri tempi. Per sostenere gli investimenti vogliono partecipare ai business free, pay e alla rivendita dei big data generati dai consumi video. Già, ma come? Intermediando diritti editoriali come fa BT? Integrando telco e tv, come sembrano muoversi AT&T, Telefonica, Vivendi, Mediaset e tanti altri? Aggirando la net neutrality, facendosi pagare la Quality of Service dal content provider? Oppure dal cliente finale? Auguri. Dal punto di vista del regolatore, l’ultima opzione, con il cliente che paga la qualità, appare la meno problematica, mentre le integrazioni verticali esclusive (sia societarie, sia commerciali) tra reti e contenuti diventano problematiche se hanno un forte impatto sul mercato. Difficile prevedere la struttura dei costi di distribuzione 5G: risolto il problema della latenza, non è ancora chiaro se anche la quinta generazione avrà lo stesso tallone d’Achille delle precedenti, che patiscono l’ingorgo di molti clienti nello stesso momento, nella stessa cella o cluster di celle. Ciò che è evidentemente un handicap per molte trasmissioni televisive in diretta.
Se ancora sarà così, il 5 G dovrà convivere e competere per decenni con la fibra e il broadcasting terrestre e satellitare. In tutti i casi, inevitabilmente ben sotto la soglia storica del 15% dei ricavi destinabili ai costi di distribuzione netti.
I costi di distribuzione lordi possono raddoppiare se comprendono geo-localizzazione, profilazione e billing, dove puntano Apple, Vodafone e tutta la mobile industry; ma Google e Facebook vanno oltre e offrono un servizio che, oltre a indicizzazione, distribuzione e fatturazione, include anche la quota, storicamente molto elevata, che spetta alla concessionaria per la raccolta pubblicitaria; infatti il titolare dei diritti video ottiene da YouTube appena la metà del valore della pubblicità abbinata. Altre piattaforme di programmatic advertising trattengono una quota ancor superiore, a causa di una più lunga catena di intermediari.
In futuro questa abnorme quota appannaggio degli OTT e del programmatic gestito dai centri media dovrebbe scendere, se il mercato e la regolazione faranno bene il loro lavoro. Con la diffusione delle connected tv, alcuni dei vantaggi di posizione acquisiti nel mondo privato di Google o in quello ancor più chiuso di FB possono essere insidiati. Nel cloud poi preparano la controffensiva nuovi e vecchi imperatori delle economie di scala, quali Amazon, Microsoft e IBM.

L’editore 

Spostiamoci ora sul lato del fornitore di contenuti. Per fare un esempio, ipotizziamo il business plan di un’impresa televisiva free che preveda 25 milioni di ricavi pubblicitari netti (corrispondenti oggi a circa un punto di share), 15 milioni annui di costi del palinsesto, 4 milioni di costi per la raccolta pubblicitaria, 4 milioni di costi di distribuzione.

Concentriamoci su questo ultimo costo: l’impresa, in proporzione con le basi installate che abbiamo visto sopra, si attende 3⁄4 dei propri contatti, e quindi dei propri ricavi, dalla piattaforma DTT, il rimanente dalla distribuzione satellitare e internet. Di conseguenza, è disposta a spendere 3 milioni per l’affitto capacità DTT, mezzo milione per affitto satellite, mezzo milione per il broadband fisso e mobile.

Il modo più facile e diffuso per essere accessibili e ottenere ricavi via internet è delegare la raccolta pubblicitaria ad un OTT il quale, nel business plan che stiamo ipotizzando, gira all’editore tv un milione e trattiene un milione, che spesa la raccolta pubblicitaria, la distribuzione OTT compresa la CDN ed eventuali accordi con le telco. Ovviamente costi e modelli di business nel mondo broadband sono in veloce evoluzione.

Ma torniamo al DTT: 3 milioni sono, grosso modo, l’attuale costo annuo di mercato lordi delle tower company, abbordabili solo da palinsesti che realizzano uno share nell’ora di picco superiore allo 0,8% (o un rating superiore allo 0,5%). In Italia oggi esistono meno di venti palinsesti con uno share superiore allo 0,8%. Questo numero è destinato a variare di poco nei prossimi anni. Quindi la domanda potenziale massima è inferiore alla banda DTT disponibile, anche dopo l’abbandono del 700, anche considerando la pay tv, le tv locali e la fase di transizione simulcasting SD/HD. Il simulcasting è abbordabile da una decina dei principali palinsesti nazionali (quelli oltre il 2% di share e i 50 milioni di ricavi pubblicitari). Non ci addentriamo nei calcoli relativi alla maggior capacità richiesta dalla transizione all’HD, che dovrebbe essere sostanzialmente compensata dalla maggior efficienza della diffusione DVBT2 e delle compressioni MPEG4 o HEVC.

La pay DTT occupa in Italia oltre tre MUX, ma questo è effetto di contratti di autofornitura costruiti per saturare e valorizzare l’asset delle frequenze. I costi del DTT per uso pay possono essere giustificati solo per pochi canali o eventi, ad esempio per anticipi e posticipi del campionato di calcio. Per le tv locali, considerati i fatturati pubblicitari, è invece ipotizzabile che i costi tecnici siano abbordabili da meno di una decina di palinsesti per ciascun bacino.
A conti fatti, la reale domanda di capacità trasmissiva terrestre, in totale, può attestarsi intorno agli 8 MUX single frequency, più un paio di MUX per una fase transitoria di simulcasting dei principali canali, ampiamente compatibile con il lungo decennio di utilizzo esclusivo della banda sub 700. Programmazioni con ascolti e ricavi inferiori, andranno solo via satellite e internet o, sotto i 3 milioni di ricavi, solo via OTT.
È quindi evidente la insostenibilità dell’attuale struttura del mercato delle tower company, figlia della integrazione verticale con gli editori e fondata su contratti di autofornitura a prezzi convenzionali.

Lo sviluppo più probabile ed efficiente sembra essere quello, largamente diffuso all’estero, di una grande società non partecipata dagli editori e che offre un servizio chiavi in mano agli editori nazionali e locali. Questa società dovrà ovviamente essere fortemente regolata, per garantire la non discriminazione, peraltro insensata in assenza di integrazioni verticali. Questo sviluppo consente una discesa graduale del costo di diffusione, un incremento immediato della qualità, una gestione ordinata della transizione della banda 700 e delle successive transizioni dei sistemi diffusivi e di compressione. È inutile usare il termine “operatore unico”: se il mercato escluderà l’esistenza potenziale di operatori minori alternativi, è inutile proibirla per legge. Se invece la consentirà, sarà un contributo alla regolazione del prezzo. Inutile anche insistere sulla ideologia del controllo pubblico dell’operatore, che difficilmente genera efficienza e non discriminazione.

L’importante è disincentivare l’integrazione verticale tra rete ed editore, per favorire una evoluzione ordinata, prima che siano i mercati finanziari a svelare il bluff della sopravvalutazione dei contratti di autofornitura e quindi dei valori riconoscibili al singolare assetto italiano degli operatori di rete e delle tower company.

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